PERCORSO ESPOSITIVO

Il gelseto storico

Il Gelseto storico del Museo della Seta ABEGG è stato realizzato tra il 1996 e il 2001 con lo scopo di recuperare una coltivazione ormai scomparsa, ma che nel corso della storia ha trasformato profondamente il paesaggio lombardo. 

La coltivazione di gelsi si chiama Gelsibachicoltura: sembra uno scioglilingua ma se si individuano le parti che compongono questo nome è evidente che l’importanza di questa pianta è strettamente connessa alla vita dei bachi, che si nutrono esclusivamente delle loro foglie, e di conseguenza alla produzione della seta.

È dalla pianta del gelso che ha origine il racconto del filo di seta, ed è dal nostro gelseto che inizia la visita al museo ABEGG.

Gelseto1

Nel gelseto del museo sono state piantate diverse specie e diverse varietà di gelsi, provenienti da molte parti del mondo:

Specie coltivate per la produzione di foglie

  • Morus alba varietà Florio  [Italia] 
  • Morus alba varietà Cattaneo [Italia]
  • Morus alba varietà di Calabria [Italia]
  • Morus alba varietà di Gnignano [Italia]
  • Morus  alba ibrido Kokusò 20 [Corea]
  • Morus  alba ibrido Kokusò 21 [Corea]
  • Morus  alba ibrido Kokusò 27 [Corea]
  • Morus  alba ibrido Kairiò
  • Morus alba ibrido Ikinosè [Giappone]
  • Morus alba Filippino
  • Morus alba Filippino di Bolgheri
  • Morus alba Indiano [India]
  • Morus alba Kamva [India]
  • Morus alba Multicaulis
  • Morus nigra

Specie ornamentali

  • Morus  alba varietà Pendula
  • Morus  alba varietà Piramidalis
  • Morus  alba varietà Platanoidis
  • Morus  alba varietà Sinuensis
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La bachicoltura

Baco2024

All’inizio del percorso espositivo, nella sala n. 1 sono esposti oggetti e immagini che raccontano il ciclo di vita del baco da seta e il suo allevamento, dall’incubazione delle uova fino alla raccolta dei bozzoli.

È inoltre allestito un piccolo allevamento di bachi, effettuato durante tutto l'anno così da permetterne la visione in continuità: nei mesi da maggio a ottobre i bachi sono nutriti con la foglia di gelso e nei mesi invernali con liofilizzato di gelso.

Questo offre ai visitatori la possibilità di osservare i piccoli bruchi mentre nascono, si nutrono, fanno la muta e si arrampicano sui rametti per racchiudersi nel bozzolo.

La trattura

Sempre nella sala n.1 sono esposti i macchinari della prima fase di lavorazione del bozzolo, quella che caratterizzava il lavoro delle filandere: la trattura. I bozzoli venivano separati per dimensioni, puliti dalla peluria esterna e passati alle mani sapienti e pazienti delle donne che dovevano creare la magia del filo lucente di seta.

Prima, attraverso la maceratura, ovvero l’ammollo in bacinelle piene di acqua bollente, viene ammorbidita la sericina, la sostanza gommosa che funge da collante per il bozzolo.

Poi, con la scopinatura il bozzolo viene strofinato con uno spazzolino per liberare il capofilo e infine, durante la trattura vera e propria, si dipana il filo continuo dal bozzolo. Per fare un filato di seta per tessitura è necessario unire il filo di almeno 6-7 bozzoli, che grazie alla sericina rimangono coesi assieme durante la trattura.

Trattura1
Torcitura1

La torcitura

Al piano superiore (sala n. 2) sono esposti i macchinari utili alla seconda fase di lavorazione: la torcitura, procedimento indispensabile e fondamentale per rendere le fibre naturali resistenti e utilizzabili.

Con una macchina chiamata torcitoio viene impressa una torsione al filo di seta greggia, che ne aumenta la tenacità e impedisce la separazione dei vari fili, ovvero dei filamenti ricavati dal bozzolo.

Dopo questa lavorazione, il filo di seta diventa un filato pronto per essere trasformato in tessuto.

La tessitura e il futuro della seta

Al piano superiore dell’ala nord, (sala n. 3),che mantiene la copertura a capriate e le tracce dei grandi finestroni necessari al lavoro della trattura (era infatti originariamente la sala delle bacinelle), sono esposti alcuni telai ottocenteschi

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